Il principio della Parità di Genere: la situazione dai negoziati della COP21 di Parigi.
di Chiara Soletti
Nella bozza pubblicata l’8 dicembre il principio è presente nel paragrafo 10 del preambolo, nell’articolo 4 sull’adattamento, nel 6 sulla finanza climatica e nell’ 8 sulla capacity building. Per quanto riguarda la COP Decision, inoltre, la menzione alle donne e alla prospettiva di genere è presente nelle previsioni 77 e 80 sullo sviluppo tecnologico e alla 111 sull’implementazione.
Questo può considerarsi un risultato importante da parte della UN Women and Gender Constituency, che dopo la delusione dell’accordo di Lima aveva intensificato la propria azione di advocacy. Uno degli obiettivi principali che la Constituency si era posta era un’inclusione trasversale all’interno del documento dell’approccio di genere, con particolare riferimento alla mitigazione, all’adattamento, alla climate finance, alla capacity building e all’accesso tecnologico.
Il principio non è presente in tutte le aree chiave, ma l’inclusione nel preambolo resta una valida chiave di interpretazione e di implementazione per il resto dell’articolato. Inoltre si sottolinea la mancata presenza del principio nell’articolo 2 che definisce lo scopo del trattato.
Purtroppo le negoziazioni degli accordi internazionali sono tutto meno che prevedibili. Il testo può essere completamente stravolto e il risultato finale risultare diverso dalle aspettative iniziali. La verità è che anche se il testo non viene indicato come da rivedere nelle successive sessioni di negoziazione non si può mai davvero sapere cosa “sopravviverà” fino alla versione definitiva. A questo riguardo bisogna tenere in considerazione il clima in cui le negoziazioni precedenti alla COP21 si sono svolte e in particolare i problemi che ci sono stati nello sviluppare l’articolo 2.
Durante le sessioni del ADP di quest’anno si sono riscontrate delle difficoltà tra le parti nell’accettare l’inclusione di principi come la protezione dei diritti umani e la promozione della parità di genere all interno del testo negoziale. Alcuni paesi, tra cui l’Arabia Saudita, ritengono che questa categoria di principi non abbia niente a che fare con il cambiamento climatico e che quindi sia inopportuno affrontare contestualmente i due argomenti. In posizione antitetica si pongono quei paesi che hanno aderito al Geneva Pledge for Climate Action, piattaforma su base volontaria di stati che riconoscono l’implementazione dei diritti umani come passo imprescindibile per una lotta efficace al cambiamento climatico.
La prima volta in cui c’è stato un riferimento esplicito ai diritti umani, e ai diritti di genere, in un accordo sul clima è stata con l’accordo di Cancun nel 2009. La COP16 ha sentito l’influenza dell’azione del Consiglio dei Diritti Umani Delle Nazioni Unite che nei mesi precedenti alla conferenza aveva finalizzato una serie di risoluzioni che evidenziano il legame tra diritti umani e cambiamenti climatici.
La Risoluzione 10/4 Human Rights and Climate Change ne è un esempio. Nel documento viene riconosciuto l’impatto dei cambiamenti climatici sul godimento dei diritti umani, in particolare sulle categorie vulnerabili. Il preambolo dell’accordo di Cancun è stato sviluppato nella stessa direzione aprendo una nuova frontiera nel dibattito sul cambiamento climatico. La differenza con quello che sta avvenendo oggi risiede nella natura vincolante del nuovo accordo di Parigi e in particolare nel valore politico che l’articolo due assume definendo lo scopo del trattato. Ecco quindi spiegate le resistenze che si stanno incontrando nell’introdurre nuovamente principi legati ai diritti umani, come la parità di genere, in un accordo sul clima.
Per tutti questi motivi è troppo presto per esserne certi, ma la situazione è positiva e sembra indicare un sempre maggior riconoscimento del legame tra le problematiche di genere e la lotta al cambiamento climatico che si rifletterà nel nuovo accordo di Parigi.