La Palestina e il Cambiamento Climatico
di Marta Ellena
Stiamo facendo il possibile, quindi non vogliamo essere esclusi. Questo è un nostro diritto!
Nedal Katbehbader, Ministro dell’Ambiente
Nel corso degli ultimi mesi (ed a poco tempo dal suo riconoscimento presso l’UNFCCC), nel difficile contesto politico ed umanitario in cui si colloca la Palestina ha cominciato ad occuparsi concretamente di cambiamenti climatici. Nel mese di aprile aderendo all’Accordo di Parigi, ed in seguito pensando alla realizzazione di azioni concrete per dei piani strategici di adattamento e mitigazione, tali politiche sono state prese per la prima volta seriamente in considerazione poiché “non può più sussistere che la popolazione sia esclusa dalla scena internazionale e dai diritti umani che la maggior parte dei Paesi possiedono”, ha spiegato Lars Ronnås, ambasciatore svedese del cambiamento climatico. È opportuno che la comunità internazionale non supporti solamente la Palestina nello sviluppo degli NDCs, ma la aiuti a raggiungere la serenità, la pace e i diritti a cui la maggior parte dei paesi ha accesso.
La collocazione geografica della Palestina espone il Paese ad un elevato numero di rischi: il settore agricolo e il settore alimentare sono quelli maggiormente colpiti dagli impatti del cambiamento climatico, implicando così una scarsità di risorse sempre più consistente. Inoltre, l’ambiente sociale, giuridico e locale in cui essa si trova contribuisce ad aggravare la situazione.
L’United Nations Development Programme (UNDP), insieme alla cooperazione belga, sta fornendo già da diverso tempo un supporto alle autorità locali, rafforzando così le capacità delle istituzioni nell’intraprendere azioni verso uno sviluppo sostenibile. Tale sforzo è un’opportunità utile per aiutare la Palestina a far parte dei meccanismi di finanziamento per futuri progetti di mitigazione e, soprattutto, adattamento.
Nedal Katbehbader, Ministro dell’Ambiente e rappresentante dello Stato della Palestina, ha espresso come molti stakeholder siano già stati coinvolti per rafforzare al massimo le azioni in ambito climatico, in modo da poter collaborare a livello globale per implementare delle azioni mirate. Lo sviluppo del Contributo Nazionale Volontario è stato ricollegato al Piano Nazionale di Sviluppo e recentemente sono state introdotte delle strategie settoriali, considerando l’arco temporale 2017 – 2022. Nel documento viene sottolineato come l’occupazione israeliana accresca notevolmente le difficoltà di riuscita dello stato per ciò che concerne le azioni di adattamento e mitigazione, aumentando la vulnerabilità climatica. È stato messo al primo posto l’adattamento – con un piano di azione fino al 2030 – e a seguire la mitigazione con un piano di azione al 2040.
Per ciò che concerne l’adattamento, è stata presa in analisi la riduzione della sensitività climatica mirata al rafforzamento della resilienza. Nel draft sono attualmente presenti all’incirca 80 azioni di adattamento che vanno a ricoprire le dodici aree identificate come più vulnerabili: agricoltura, energia, cibo, salute, industrie, l’ecosistema terrestre e marino, il turismo, l’acqua, i rifiuti, e la tutela dell’ambiente urbano e delle infrastrutture. Le azioni sono mirate al distretto della West Bank e alla zona inerente la striscia di Gaza. Per ciò che riguarda la riduzione delle emissioni di CO2, invece, la Palestina necessita di un contributo da parte delle agenzie internazionali per quel che concerne la finanza, il trasferimento di tecnologia, ed il capacity building. In tale sezione viene chiaramente espresso come il conflitto e la dipendenza dalla situazione israeliana possa cambiare le prospettive di mitigazione futura, specificando come in una situazione come quella odierna la riduzione possa arrivare a -12,8% entro il 2040 rispetto al Business as Usual (BAU), e come invece l’indipendenza da Israele possa raddoppiare tale riduzione giungendo ad un 24,4% per il medesimo arco temporale.
Infine, per ciò che riguarda l’implementazione delle azioni precedentemente citate, il costo totale per la mitigazione si aggira intorno agli 1,4 milioni di dollari nazionali, mentre il costo totale per implementare le azioni di adattamento è pari a 3,5 miliardi di dollari. All’interno del Piano Nazionale di Sviluppo è spiegato come tali costi facciano riferimento all’orizzonte temporale da 1 a 5 anni (breve periodo) e da 6 a10 anni (lungo periodo).
La Palestina ha raggiunto molto nell’ultimo periodo, entrando inoltre a far parte della COP solo quest’anno, dimostrando una testimonianza importante di partecipazione attiva.