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Dic

Dalla COP21 di Parigi: Donne e Capacity Building

di Chiara Soletti

Fra le varie discussioni in corso alla COP21 relativamente al tema del capacity-building, un ruolo importante riguarderà il rafforzamento del ruolo femminile nell’ambito di tali strategie.

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A seguito delle devastazioni causate dal ciclone Sidr nel 2007 in Bangladesh, l’organizzazione non governativa Plan International ha avviato un programma di riduzione dei rischi ambientali focalizzato sugli adolescenti. L’intervento ha riguardato il distretto costiero di Barguna, il più colpito dal ciclone, al fine di migliorare la capacità di reazione e di adattamento ambientale delle comunità locali. Il programma ha cercato di coinvolgere tutti i giovani e in particolare le ragazze, creando un contesto dove potessero non solo esternare le proprie inquietudini, ma anche portare un personale contributo d’idee per la protezione della comunità in caso di calamità. Ragazze e ragazzi hanno lavorato assieme e approfondito le problematiche connesse ai cambiamenti climatici, condividendo poi le nuove conoscenze nelle famiglie d’origine con risultati perfino superiori alle aspettative.

È ormai assodato che nelle situazioni di crisi ambientale le disparità di genere tendono ad accentuarsi mettendo le donne, soprattutto le più giovani, in situazioni di forte disagio e pericolo. In queste circostanze, infatti, le persone più deboli della comunità hanno minori possibilità di sopravvivenza e le ragazze in particolare sono esposte al rischio di abusi fisici che possono condizionarne permanentemente la vita. Numerosi sono i fattori che aumentano il rischio di violenze sessuali, dalla mancanza di privacy nei ricoveri di fortuna alla temporanea separazione dal nucleo familiare, per non dire di chi resta orfano.

Una giovane abbandonata a sé stessa può scivolare rapidamente in uno stato di povertà così estrema da considerare un matrimonio di comodo o addirittura la prostituzione come unica possibilità di sopravvivenza. Tanto maggiore è la povertà e tanto più frequenti sono i casi di matrimoni tra ragazze giovanissime, praticamente bambine, e uomini in età. Anzi, spesso sono le stesse famiglie a forzare le figlie in questa direzione nella speranza di sottrarle a una drammatica prospettiva di miseria.

Senza arrivare a tanto sono comunque la ragazze che a lungo andare pagano il prezzo più alto dell’emergenza: costrette a lavorare per contribuire all’economia familiare oppure ridotte al ruolo di serve senza futuro tra le mura domestiche. Fratelli e coetanei maschi sono i primi a rientrare a scuola perché garantire loro un’istruzione è considerata una priorità coerente al loro futuro ruolo di capifamiglia. In simili frangenti le ragazze entrano in una spirale di emarginazione che rende sempre più difficile non solo un ritorno agli studi, ma anche una loro effettiva integrazione nella società

L’unica strada che consente l’emancipazione di queste giovani donne è l’autodeterminazione di genere, se così può essere tradotto il termine ‘capacity building’, e l’iniziativa di Plan International a Barguna ne è l’esempio. L’iniziativa ha permesso alle ragazze di sfidare le convenzioni sociali e di rapportarsi ai loro coetanei maschi in modo paritario. Anche le famiglie, inizialmente avverse, hanno consentito alle figlie di partecipare al programma, convincendosi poi dell’opportunità di un loro rientro a scuola. Gli incontri di sensibilizzazione sui rischi ambientali, oltre a migliorare la capacità di reazione della comunità, hanno modificato la percezione del ruolo sociale delle ragazze. Per consolidare i risultati del programma Plan International ha chiesto e ottenuto dalle autorità locali un maggiore coinvolgimento dei giovani, e specialmente delle ragazze, nei processi decisionali sulla sicurezza ambientale.

L’esperienza di Barguna dimostra che quando donne e ragazze hanno consapevolezza delle conseguenza ambientali e sociali dei cambiamenti climatico, aumentano non solo le loro risorse di autodifesa ma anche le probabilità di essere parte attiva nel cambiamento collettivo. In tal senso l’accesso all’educazione è fondamentale. Le ragazze che avanzano negli studi sono più sicure di sé e partecipano alla vita comunitaria diventandone una risorsa strategica. Il coinvolgimento femminile nei programmi di adattamento climatico è importante sia nelle scelte di fondo che nel quotidiano, e porta a rapidi progressi nella capacità di reazione della comunità di fronte alle emergenze ambientali. L’istruzione, nelle specifico delle ragazze, ha un’incidenza positiva nella diminuzione tanto dei matrimoni precoci, quanto delle situazioni di abuso.

L’esperienza di Barguna, assieme a tanti altri esempi che vengono dal campo, rendono evidente che l’approccio di genere, stante il ruolo centrale della donna nella vita domestica e nell’educazione dei figli, dev’essere parte fondamentale di ogni programma di adattamento climatico. Nel pratico, poi, perché la legittimazione della donna non resti solo sulla carta, bisogna cominciare dalla scuola, facendo sì che l’educazione sia un diritto reale e non una concessione occasionale. Senza questo presupposto è velleitario parlare di empowerment della donna e del suo diritto d’accesso alle risorse finanziarie e alle tecnologie come condizione d’effettiva parità di genere anche nell’adattamento ai cambiamenti climatici.

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